domenica 19 settembre 2010

Mangia Prega Ama



Oggi sono andata a vedere "Mangia Prega Ama" di Ryan Murphy, con Julia Roberts, James Franco, Javier Bardem. Il film è tratto da una storia vera, la cui protagonista è Elizabeth Gilbert, una scrittrice americana di successo, con una bella casa, un bel marito, ma, a quanto pare, una vita tutt'altro che bella. Liz, a suo dire, ha "perso la gioia di vivere", pertanto pensa bene di fare un viaggio di un anno che abbia come mete l'Italia, l'India e l'Indonesia. Dunque si separa dal marito (non senza sofferenza...gran parte del film è dedicata al conflitto e ai rimorsi interiori della protagonista, che non riesce a perdonarsi di aver divorziato e fatto fallire il suo matrimonio) e, dopo un'avventura con il "mistico" (più giovane di lei) David (James Franco), parte finalmente per il suo viaggio.
Prima tappa: Roma. Primo comandamento: MANGIA! E giù con piatti di succulenti spaghetti al pomodoro e altre prelibatezze che, effettivamente, solo in Italia possiamo mangiare. Alcune inquadrature della capitale sono molto belle, anche se un po'da cartolina (ma il Colosseo rimane la struttura più affascinante che io abbia mai visto!). La casa dove Liz alloggia è in decadenza (il soffitto deve essere sostenuto da alcune impalcature), ma emana il fascino antico e suggestivo delle vecchie abitazioni, le quali sembrano serbare i ricordi preziosi di un tempo antico...A Roma la nostra scrittrice incontra il BELLISSIMO (ma questo è solo il mio modestissimo parere xD) Giovanni (Luca Argentero, che, per l'occasione da piemontese si trasforma in romano, anche se l'accento di Moncalieri si fa sentire, eccome!!), che le fa scoprire i luoghi più belli della città e le insegna a vivere "all'italiana", il che comprende la pratica del "dolce far niente". Ora, "dolce far niente"è un'espressione propria del film. Questo mi fa pensare all'immagine molto, come dire?, lusinghiera che gli americani hanno di noi. Insomma, l'Italia fa sempre la figura dell'obeso, che preferisce un'abbuffata di spaghetti e la nullafacenza totale all'iperattività cronica e stressante dell'America. Sicuramente sono d'accordo con il discorso di Argentero, che nel film critica il ritmo impossibile degli americ
ani, che, com'è detto giustamente, "conoscono l'intrattenimento, ma non il divertimento", ma, cioè, essere perennemente additati come esemplari dell'ozio non è proprio un'immagine edificante. Dato sfogo a questo nanosecondo di patriottismo, passiamo oltre. Per Liz è arrivato il momento di lasciare i colori, le abbuffate italiane (non dimentichiamo la splendida pizza che si mangia a Napoli-a proposito, si accettano inviti per una pizza da "Michele" a Portalba) e gli amici romani (c'è da dire che il GiovanniFrescoArgentero, stranamente, non se la fila la Liz, ma si concentra su una bella svedese), per raggiungere la seconda, silenziosa e mistica meta: Delhi!
Dunque, secondo comanda
mento: PREGA! Elizabeth faticherà molto ad abiituarsi allo stile di vita indiano, così lento, meditativo, silenzioso. Ecco, il termine giusto per definire questa seconda esperienza è SILENZIO. Tant'è vero che Liz incontra una donna che ha fatto il voto del silenzio per quattro settimane. In effetti Liz aspira al silenzio e alla quiete. Ma non ci riesce. E innervosisce (in questo suo tentativo) lo spettatore, che vuole meditare, con gli occhi chiusi e i pollici uniti agli indici, ma si sente letteralmente sommerso dalle parole un po'vuote e ripetitive che la nostra scrittrice scambia con il "saggio di turno" (oddio...non ne ricordo il nome!). Questo saggio, che, con un tatto degno di un elefante imbottito di psicofarmaci in un negozio di cristalli, fa notare ogni nanosecondo a Liz quanto mangi, affibbiandole il soprannome di Mandibola, questo saggio, dicevo, sebbene faccia tanto "il saggio", che dice alla protagonista cosa fare e non fare, come sgombrare la mente e ritrovare se stessa e bla bla bla, in realtà ha anche lui il suo scheletro nell'armadio. Un passato di droghe e alcoldipendenza. Che per poco non ha causato la morte di suo figlio, quando questi aveva otto anni. E quindi lui, "il saggio", si è allontanato dalla famiglia ed è andato in India, anche lui "per ritrovare se stesso" (e il suo cervello, presumibilmente). Certo che tipi così sfigati si incontrano solo al cinema...Comunque, alla fine questo saggio, dopo la sua brava confessione a Liz (manco se questa fosse un prete), pare che ritorni a casa, dal figlio ormai diciottenne. E intanto Elizabeth impara a meditare e pare integrarsi proprio bene tra gli indiani.
Infine, è tempo di ripartire. Ultima meta: Bali. Ultimo comandamento: AMA! Ci si chiede se non sia superfluo imporre a una persona sana di mente un comandamento simile. Soprattutto se uno si trova a Bali (e se non sapete dov'è cercatevelo su Google, e cercatevi pure le foto!) e SOPRATTUTTO se uno si trova insieme a JAVIER BARDEM. Tralasciando il naso un po' "sconnesso" di quest'attore, non mi ero mai accorta di quanto fosse MASCHIO Javier Bardem. Beatissima Penelope Cruz, che se l'è sposato e aspetta anche un figlio da lui. Javier (o Saverio, come mi piace ribattezzarlo), che nel film si chiama Felipe, si innamora sul serio di Liz. E lei, come la deficiente, ci mette un millennio prima di arrendersi a questa bellezza MASCHISSIMA di Felipe. Perchè lei ormai ha ritrovato il suo equilibrio e no, se poi si lascia andare con Saverio lo perde e lei non può mica permettersi di perderlo, perchè poi deve fare un altro giro intorno al mondo, e insomma, la crisi economica c'è per tutti, i soldi mica crescono sugli alberi e VATTELAPESCA, LIZ! Io, se JAVIER BARDEM mi chiedesse di andare in barca con lui per approdare su un'isola deserta e stare lì, insieme a lui solo 5 giorni, non gli lascerei manco il tempo di formulare per intero la sua richiesta!!!
Alla fine, però, pare che Liz, oltre a mantenere il suo ritrovato equilibrio, recupera anche il suo cervello. E trova una parola per decriversi: IMBARCARSI. E sapete con chi lo fa???
Sì! Sì! Proprio con lui! SAVERIO BARDEM! Che invidia, ragazzi!!!
Nel complesso "Mangia Prega Ama" è un film che "si può vedere". Nel senso che se siete giù di morale e avete bisogno di rifarvi gli occhi ci pensano James Franco (che qui è di una frescura che "significar per verba non si poria"-e dopo la citazione di Dante è il caso che io chiuda questo blog), Luca Argentero e Javier Bardem. Il cast non è male, intendendo anche dal punto di vista recitativo: Julia Roberts è intensa, con uno sguardo magnifico, un'espressione superba e anche Javier Bardem è molto bravo, affascinante e simpatico al punto giusto. James Franco un po'inespressivo, probabilmente perchè il suo personaggio non è tra i più simpatici. I dialoghi non sono tra i migliori, la colonna sonora è da segnalare (se non altro perchè è del grandissimo Dario Marianelli, premio Oscar per la colonna sonora di "Espiazione"), qualche inquadratura mozzafiato, molti stereotipi, qualche passaggio che non ho capito (soprattutto quando c'entra "il saggio"). Ma, nel complesso, il film è decente. Se non avete niente di meglio da fare o vedere.

giovedì 2 settembre 2010

I Grandi Classici: storia di un amore fraterno.

Quando frequentavo le Elementari, la mia maestra di italiano ci raccontò della febbre della lettura che l'aveva colta da ragazzina. Ci disse che voleva solo leggere, che aveva così tanta fame di libri, che la mattina faceva tardi a scuola per ultimare la storia che stava leggendo. Quell'aneddoto (non so se vero o inventato) mi è rimasto impresso nella mente, soprattutto perchè anch'io, col passare degli anni, sono stata sempre più divorata dalla febbre della lettura.

La prima volta che ho preso un libro in mano avrò avuto sei anni, giusto l'età in cui (finalmente) viene svelata l'arte del saper leggere. Quel libro ce l'ho ancora: è una raccolta di fiabe indiane, rilegata con una copertina verde e lucida, in cima alla quale c'è scritto (se non sbaglio) "gli zecchini" e sotto ci sono disegnate delle monete d'oro. Poi sono passata ai libri di Gianni Rodari. Papà me li comprava ogni volta che andava a Napoli e a me piacevano tanto: ricordo il libro "Filastrocche per un anno", che ho letto e riletto fino a saperlo a memoria. Le illustrazioni di questa raccolta erano buffe, sembravano fatte da un bambino dell'asilo. I libri di Rodari sono dei capolavori per i piccoli. Ce n'era uno con una storia che parlava di una bambina che, dopo la morte del padre, decide di non crescere più. E così lei, nonostante compia sempre un anno in più, rimane sempre piccola e minuta come una bambina di dieci anni. Ma, a un certo punto, Teresina deve decidere di crescere almeno una spanna, perchè la mamma si ammala, la nonna è troppo vecchia e il fratello troppo piccolo e dunque lei deve badare alla casa. Pian piano Teresina cresce sempre di una spanna, per rendersi sempre più utile, finchè non diventa una gigantessa per sconfiggere un brigante venuto in città. La storiella si chiamava "Teresin che non cresceva"e mi è rimasta fissa nella mente: l'avrò letta duemila volte.

Dopo Rodari, verso gli otto anni, mi decisi a leggere i grandi Classici per ragazzi. E di colpo mi innamorai di tutti i romanzi dell'Ottocento, che ancora oggi mi accompagnano. Forse il primo Classico letto è stato "Senza famiglia", di Hector Malot. Me lo prestò la mia madrina, zia Rosaria. Era un libro con la copertina viola, sulla quale forse era disegnato un bambino. Non ricordo bene, però, di cosa parlasse. Mi pare che il protagonista era un bambino che ne passava di tutti i colori, prima di arrivare all'Happy End. Poi ho letto anche "Senza famiglia" (sempre di Malot): di questo romanzo ricordo solo che fu la prima lettura a farmi versare una lacrima.

Sempre da zia Rosaria mi feci prestare un libro del quale avevo sentito parlare e che mi incuriosiva molto: "David Copperfield". Ora, premettiamo che quella che mi prestò zia era semplicemente un'edizione ridotta, adattata per i bambini, e che solo anni più tardi incontrai il VERO "David Copperfield", che è un tantino in sovrappeso. A parte questo, i miei due incontri con questo romanzo si sono risolti nello stesso modo, cioè con la mia fuga a gambe levate da una storia più tragica di tutto il Ciclo Tebano messo assieme. E non venite a dirmi che "David Copperfield" finisce bene, perchè non basta un happy ending per non decretare David un completo SFIGATO. Spieghiamoci. Questo ragazzino nasce che il padre è già morto, ha una madre incapace (per non dire idiota) e una prozia (zia del fu David Copperfield Senior) che al momento della nascita gli nega ogni protezione o benevolenza (salvo poi smentirsi quando se lo vedrà comparire davanti tutto frusto e sporco, per aver fatto a piedi la strada da Londra a Dover). Dopo un'infanzia relativamente felice, David subisce lo shock del secondo matrimonio della madre con il signor Murdstone, un tizio dalla perfidia indescrivibile, così perfido che al confronto Lucifero è ambasciatore dell'ONU. Quindi Davidlosfigato è mandato in collegio (e qui, manco a dirlo, è tartassato da tutti), poi gli muore la madre, poi deve lavorare per l'azienda del patrigno, poi, proprio per sfuggire al discendente di Lucifero, decide di fare il già citato viaggetto per cercare aiuto presso la zia Betsy, e poi eccetera eccetera, figuratevi le catastrofi più incredibili (tra le quali incontrare Uriah Heep, un individuo che supera anche Murdstone in perfidia) e avete la storia di David Copperfield. Caso strano: da bambina dovevo avere un cuore tenero come il burro, perchè il romanzo non riuscii a finirlo causa "fontana di lacrime" che irrimediabilmente sgrogava dai miei occhi man mano che procedevo con la lettura. E dire che era l'edizione per bambini. Per questo, quando mi mancavano sì e no trenta pagine alla fine, lo mollai. Più tardi, quando presi l'edizione integrale del romanzo di Dickens, lo mollai nuovamente, ma solo perchè dopo cinque righi di lettura praticamente stavo sognando (ma nel senso letterale del termine).

A parte la parentesi Copperfield (che mi ha instillato un odio indefinibile per Dickens), gli altri Classici letti son stati per me dei compagni insostituibili. "Piccole Donne", "Pattini d'Argento", "La piccola Lady", "La piccola principessa", "Il piccolo Lord", "Il giardino segreto", "Il frutteto incantato", "TRE UOMINI IN BARCA" (scoperto grazie alle maestre, che me lo regalarono alla fine delle Elementari) e tanti, tanti altri titoli indimenticabili!

E poi ci siam fatte più grandicelle, quindi ci siamo accostate a Dumas, Pirandello, Zola, Balzac, Dostoevskij, Jane Austen, le sorelle Bronte (tra tutte, la più amata è Charlotte), Hawthorne, Hardy, Edgar Allan Poe....

I grandi Classici sono per me dei fratellli maggiori, dai quali trarre insegnamenti insostituibili, che, per il momento, non ho ancora trovato nei libri più recenti. Ecco perchè mi definisco un po' "conservatrice" per quanto riguarda le mie letture, perchè mi accosto sempre con scetticismo ai romanzi scritti dagli anni '50 ad oggi. Forse perchè ho avuto brutte esperienze (vedi le letture di Moravia -.-" oppure "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano -.-""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""). O forse perchè ho avuto un'insegnante di italiano al biennio particolarmente mmm...come dire? "Fissata" con i libri scritti dai tempi preistorici fino a quelli di Pirandello (massimo). Ma forse è perchè, più di qualsiasi altro romanzo, i Grandi Classici hanno sempre qualcosa da dire, in ogni tempo e in ogni luogo.