mercoledì 9 settembre 2009

Testimone d'accusa


Questo è uno di quei film che, un cinefilo più cinefilo di me, una volta che l'ha visto se ne innamora perdutamente. Un giallo pazzesco, con una struttura perfetta, degli attori eccezionali e una sceneggiatura brillante (sempre secondo il mio modesto parere).
Troviamo come protagonisti della storia Marlene Dietrich e Tyron Power: quest'ultimo viene accustao dell'omicidio di una signora sola, un po' stravagante. Assumerà la difesa di Power un avvocato/principe del foro, interpretato magistralmente da Charles Laughton. Chiedo scusa ai lettori se in questo momento non ricordo i nomi dei personaggi.
Di questo film straordianrio (a proposito, scusate un'altra mia mancanza, ho dimenticato di dirvi che il regista è BILLY WILDER) mi è rimasta impressa la forza dell'intreccio e, soprattutto, l'interpretazione della Dietrich e di Laughton. Lei è algida, bellissima, ma assume un'espressione costante di superbo disprezzo, con la quale strappa agli spettatori epiteti non molto cortesi, rivolti al suo personaggio. Eppure, la freddezza della Dietrich sembra sovrastare tutti quelli che le sono attorno: bellissima è la scena in cui ella è chiamata a testimoniare in tribunale. Quando entra e giura sul banco di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità, sembra che la sua personalità esca fuori dallo schermo, sembra che lei sia davanti a te, bella e stronza.
Charles Laughton è bravissimo: il suo è un personaggio che mi è piaciuto molto, il tipo di avvocato che ama la sua professione, ma che considera la vita sempre con pesante ironia (che talvolta sfocia nel sarcasmo). Un personaggio che riesce più che simpatico, soprattutto quando litiga con la mitica infermiera (anche lei SUPERLATIVA), che vuole costringerlo a letto, perchè reduce da un infarto. Ma NO, Laughton si è ormai interessato a questo nuovo caso, non vuole saperne di mettersi a letto e di bere cacao. Lui adora i sigari e il brandy e ha una passione per le cause più complicate da risolvere. Dunque assume la difesa di Power, che ci appare come un romantico signore, innamoratissimo della moglie, un innocente che vede in frantumi il proprio futuro.
La sequenza del tribunale occupa praticamente più della metà del film, ma lo spettatore non si annoia, anzi è interessato più che mai alle arringhe della difesa e dell'accusa, è intrappolato nella rete dell'intrigo e, anche volendo, non può districarsi da essa prima della fine. I dialoghi serrati, ritmati, incalzanti, ma mai banali o poveri di comicità brillante, i personaggi così ben caratterizzati, tutto contribuisce alla perfezione di questa pellicola. Anche le figure secondarie (una donna tra il pubblico del tribunale, una cameriera) hanno una potenza straordinaria e catturano gelosamente l'attenzione dello spettatore. Ogni parola è preziosa, ogni inquadratura un gioiello. E il finale fa un po' da ciliegiona della torta.
So che molti che leggeranno questa recensione scombinata e priva di dettagli tecnici potranno giudicare il mio entusiasmo piuttosto sciocco, infantile: tuttavia, stasera ho sentito l'impulso di scrivere di getto un commento su uno dei tantissimi, innumerevoli film a cui voglio bene.

Buonanotte ,
LAURA

venerdì 4 settembre 2009

Colazione da Tiffany

Finalmente una di queste sere ho avuto il piacere di vedere questo film che ha fatto di Audrey Hepburn una vera e propria icona del cinema. La storia è quella di Holly, una ragazza stravagante, che, per mantenersi, fa la prostituta d'alto bordo. Un giorno nel suo palazzo incontra un giovane scrittore, il quale, pian piano, viene affascinato dalla fresca "follia"Holly, finendo con l'innamorarsene.
Holly ricambia il sentimento, ma allo stesso tempo è decisa a sposare un ricco sudamericano del quale sa poco e niente. La morte dell'amatissimo fratello, la spinge a prendere una decisione definitiva: sposerà il sudamericano. Mentre Holly è in taxi, diretta all'aereoporto, lo scrittore la raggiunge e le dice queste testuali, bellissime e famosissime parole:
"Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa."

La scena si chiude sotto la pioggia con un abbraccio tra i due e un gatto come spettatore.
Il film è MAGICO, ma è Audrey Hepburn a renderlo tale. Con il suo stile, la sua eleganza raffinata, la sua figuretta simpatica, il suo carattere folle e infelice al tempo stesso, fa sì che questa sua interpretazione di "Holly" la consacri ad Diva del cinema. Perfetta in tutto, non dimenticherete facilmente la scena iniziale, nella quale fa colazione davanti le vetrine della gioielleria "Tiffany" (da lei adorata), nè quella in cui, seduta malinconicamente alla finestra, suona con la chitarra la famosissima canzone "Moon River".