domenica 3 ottobre 2010

Come ho imparato ad odiare e a sconfiggere i valori assoluti

Per la maggior parte dei ragazzi la matematica ha sempre rapppresentato l'Incubo con la i maiuscola. Chi non si ricorda delle giornate passate a sudare e a non capire niente di quanto si leggeva nel diabolico manuale scolastico o negli appunti arabi che il professore aveva dettato in classe? Chi non ricorda il terrificante VUOTO MENTALE che puntualmente si manifestava dinnanzi a un problema qualsiasi, soprattutto quelli del tipo: “Una vasca dalla capacità di x litri ha un buco sul fondo...” (spiegatemi chi genio si mette a indagare sui buchi della sua vasca invece di chiamare l'idraulico)? Chi, soprattutto tra i liceali dello scientifico, potrà mai rimuovere la delusione, lo sconcerto, il panico provati nello scoprire che gli integrali non hanno niente a che fare con salatini o biscotti?

Per quanto mi riguarda, credo che nessuno, tra psicologi, psichiatri, neurologi e neurochirurghi, potrà mai guarimi dalla “sindrome del valore assoluto". Il valore assoluto (o modulo) di un numero è una funzione incontrata per la prima volta in seconda liceo, quando ero ancora una ragazzina convinta che la matematica fosse un universo imperscrutabile, riservato a pochi eletti. Lo scontro con il valore assoluto non fece altro che rafforzare questa mia convinzione, oltre che aumentare in modo esponenziale la mia insicurezza. In parole povere non capii niente. Non capivo a cosa servisse quella dannatissima funzione, non capivo da dove fosse uscita fuori, non capivo cosa significasse, non capivo perchè mai dovessi studiarla per forza. Conseguentemente non sapevo usare il valore assoluto. Mi sentivo una completa fallita. Con molta fatica, e dopo molto tempo, imparai a memoria i vari passaggi da seguire per risolvere le equazioni e le disequazioni in valore assoluto, senza, tuttavia, pormi domande su quanto mi limitavo ad applicare. Arrivai al triennio. Ora, l'usare meccanicamente il valore assoluto non aveva risolto il mio problema di insicurezza cronica e ogni volta quella due, odiatissime, insopportabili stanghette dritte che imprigionavano un numero o un binomio, un polinomio e quant'altro (per inciso, le due stanghette sono il simbolo del valore assoluto) sembravano imprigionare anche il mio stomaco e la mia gola. Sebbene risolvessi in continuazione i valori assoluti, non ero mai sicura di quanto avevo fatto, nè pienamente consapevole. Dopo altro tempo, altri compiti in classe, altri attacchi di panico, finalmente imparai ad usare con dimestichezza questa funzione (anche quando in un'equazione o in una disequazione comparivano più valori assoluti!!). Tuttavia, un fondo di incertezza e di paura me lo porto ancora dietro.

Stamattina ho aiutato mia sorella a risolvere un valore assoluto ed ho notato che lei presenta le stesse difficoltà che presentavo io. Dunque, infuriata col mondo, con i libri di matematica, con la matematica e con l'inventore del valore assoluto, ho deciso di fare una ricerca sulla storia di questa funzione. E ho trovato un tesoro. Ho trovato il difensore degli studenti oppressi dal valore assoluto. Sul sito dell'università di Palermo c'era un documento che riguardava uno studio sulla difficoltà che gli studenti incontrano con i valori assoluti. Il documento in questione riportava dapprima le diverse definizioni di valore assoluto, poi sceglieva quella più rigorosa e adatta alla comprensione di uno studente, dimostrava le principali proprietà della funzione e procedeva col riportare LA STORIA DEL VALORE ASSOLUTO. Ragazzi, dietro quelle orribili stanghette si cela una storia complicatissima, fatta di milioni di matematici che per secoli hanno dibattuto, giungendo anche a conclusioni diverse, su quella funzione, la quale ha assunto dignità solo in tempi relativamente recenti. E chi l'avrebbe mai supposto che il valore assoluto chiama in causa i numeri complessi (che a scuola si accennano solo) e che è FONDAMENTALE per capire i limiti (questo l'avevo intuito, anche se in modo meccanico), altri ossi duri per gli studenti?

Dopo la lettura del documento mi sono rasserenata COMPLETAMENTE. Uno, perchè ho scoperto che il valore assoluto ha causato un sacco di problemi a eminenti matematici. Due, perchè il documento faceva un confronto sulle diverse definizioni della funzione (date da vari testi scolastici), mettendone in luce i pro e i contro, le inesattezze (chi avrebbe mai supposto che un libro di matematica possa sbagliare E PURE DI PARECCHIO) e le difficoltà che possono provocare in degli studenti, non solo quelli negligenti e svogliati, ma anche quelli diligenti e curiosi.

Al di là del fatto che questo documento mi scagiona da ogni responsabilità della mancata comprensione dei valori assoluti, esso mi ha fatto riflettere sull'importanza di saper insegnare la matematica. Credo che, soprattutto per quanto riguarda questa disciplina, il saper insegnare sia FONDAMENTALE. Un professore di matematica non deve limitarsi a sciorinare le sue conoscenze accademiche. Egli deve comprendere e, se possibile, anticipare le difficoltà degli studenti riguardo a un argomento più complesso. E SOPRATTUTTO, un professore di matematica deve parlare un linguaggio chiaro, limpido, che abbia senso, che arrivi dritto al cervello dei ragazzi, che li coinvolga, che permetta loro di non sentirsi dei completi deficienti, nonostante impieghino tutte le loro energie nello studiare quell'argomento.

Molti insegnanti (anche nei licei scientifici) non fanno studiare la teoria di matematica. Cosa per me inconcepibile. Noi sapremmo scrivere in modo decente se non avessimo prima studiato l'alfabeto, le regole grammaticali, le regole di sintassi, se non avessimo letto molto??? Noi sapremmo suonare il pianoforte se non avessimo prima studiato il solfeggio e tutta la teoria connessa a questo strumento??? Noi sapremmo parlare con spirito critico di un filosofo e del suo pensiero se non avessimo prima effettuato degli studi molto, molto approfonditi sullo stesso??? No. E allora perchè diamine pretendiamo di saper risolvere un qualsiasi esercizio di matematica se prima non abbiamo sudato fino a inzupparci la camicia sul libro? Se prima non abbiamo studiato, letto, riletto, guardato, analizzato dimostrazioni, teoremi, STORIA di quell'argomento? Se ho risolto gran parte dei miei problemi con la matematica lo devo soprattutto ai miei pomeriggi del triennio, durante i quali trascorrevo mediamente quattro ore al giorno a studiare non solo la teoria della materia, ma anche il suo linguaggio. Lo devo, inoltre, alla mia professoressa, che non rideva se le chiedevo a cosa servisse quello che studiavamo e che non rideva se io le dicevo che mi ero esaurita studiando un qualsiasi argomento.

Personalmente, penso che le mie difficoltà col valore assoluto derivino da lacune pregresse, che mi porto dietro dalle scuole medie. E, nonostante io abbia fatto un ottimo liceo scientifico, neanche gli anni liceali hanno contribuito a colmare quelle lacune, soprattutto i primi due, poichè non ho mai studiato la classificazione dei numeri, le loro caratteristiche, il loro carattere INDISPENSABILE per la comprensione di tutte le funzioni che ho dovuto studiare poi. È come se avessi saltato qualche gradino nel salire la lunga e tortuosa scala della matematica.

Però, se fino a stamattina mi sentivo colpevole di queste mie lacune, ora, almeno per quanto riguarda i valori assoluti, mi sono intimamente assolta. E non sapete con quanta gioia posso scrivere: LAURA: 1 VALORI ASSOLUTI: 0.

Qui di seguito c'è il link al documento, interessantissimo:

http://math.unipa.it/~grim/cdSISSIS/Valore_assoluto.PDF

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