Alla fine della scuola superiore ci troviamo dinnanzi a una scelta da fare: continuare gli studi, iscrivendoci all'università, oppure trovare un lavoro. Non è così semplice scegliere il proprio futuro e molto spesso la strada intrapresa ci delude o non fa per noi. Cose che capitano, credo, sin dalla notte dei tempi e non credo che qualcuno sia mai morto per la scelta sbagliata.
Oggi credo che si dia un'importanza esagerata alla "scelta del proprio futuro", come se stabilire cosa si vuol "fare da grandi" significhi sottoscrivere un patto col diavolo, un contratto di lavoro, una promessa che assolutamente non si può rompere. Credo che, fatta eccezione per i limiti e le riflessioni sul pronome relativo, niente mi abbia mai messo così tanta ansia come i corsi di orientamento universitario cui ci obbligavano a partecipare gli ultimi due anni di liceo. Intere mattinate perse nel traffico della tangenziale, diretti al campus universitario di Monte Sant'Angelo per partecipare a uno degli eventi più inutili progettati dall'uomo: il "salone dello studente". Nella mente perversa degli organizzatori di questo evento, noi liceali, partecipandovi, avremmo avuto chiare le idee sul nostro futuro e saremmo stati in grado di scegliere con consapevolezza la facoltà che faceva per noi. Tralasciamo che il mio liceo (scientifico) preferiva introdurci alla conoscenza dei corsi di laurea "scientifici", snobbando deliberatamente quelli "umanistici". Tralasciamo che la folla che gremiva il complesso di Monte Sant'Angelo poteva benissimo passare per una platea di un concerto rock. Tralasciamo che l'unico beneficio che il "salone dello studente" ti portava era quello di sottrarti a due ore di spiegazione dei teoremi fondamentali dei limiti. Quello che proprio non sono mai riuscita a concepire, quello che davvero mi metteva agitazione, seguita da un'istantanea depressione, era il momento in cui gli sponsor, pardon, i docenti universitari, pubblicizzavano il corso di laurea in cui insegnavano, sottolineando soprattutto gli sbocchi occupazionali ad esso correlati. Come se a diciotto anni un ragazzo spensierato dovesse già sostenere il peso del "come arriverò a fine mese tra dieci anni". Come se fare l'università sia finalizzato solo a "trovare il posto dopo la laurea, sistemarmi".
Sinceramente, queste considerazioni mi rattristano. Io non ho scelto il mio corso di laurea perché dopo potrei "lavorare in enti di ricerca pubblici o privati, nel settore della pubblica istruzione o della divulgazione scientifica". Io ho scelto le Scienze biologiche perché dopo voglio fare la ricercatrice. Voglio passare le ore a guardare un campione al microscopio ottico e a sequenziare il DNA. Voglio svelare i meccanismi della memoria e dell'apprendimento. E, per il momento, non posso pensare che "la realtà della ricerca italiana è avvilente". Non posso permettermi di pensarlo, perché non posso deprimermi. Né posso perdere tempo pensando al mio futuro, nel senso del "come fare a mettere il piatto a tavola un domani". Ho cose più belle e più importanti a cui pensare. Qualcuno direbbe che vivo di sogni. E allora? Diamine, ho vent'anni e se non sogno ora, quando lo farò?
E poi: chi mi dice che, per quando dovrò inserirmi io nel mondo del lavoro, questo non sarà cambiato in meglio? Chi mi vieta di spostarmi, andare in Germania, Francia, America, Australia per fare la biologa? E soprattutto, chi ha detto che obbligatoriamente tu debba fare un lavoro correlato alla tua laurea? Ma perchè, non posso vendere fiori avendo studiato cinque anni filosofia? Non posso essere un tabaccaio con un dottorato in biochimica? Mia sorella, laureata in lingue, fa la cameriera al Mc Donald. Non è infelice, né depressa e il suo lavoro lo fa bene. Ho scritto questa nota per chi ancora non sa cosa fare dopo la scuola, per chi vuole fare Archeologia e si sente dire che gli archeologi non hanno futuro in Italia (questo è davvero triste, se si considera lo sterminato patrimonio storico e archeologico italiano), per chi vuole fare Astrofisica e alla Federico II non può, perché il corso di laurea è stato disattivato. Per chi ha fatto la scelta sbagliata e ha paura di lasciare tutto e ricominciare da capo. Inseguite i vostri sogni, non vi fate avvilire dagli "sbocchi occupazionali". Ne abbiamo tutto il diritto.