Quando frequentavo le Elementari, la mia maestra di italiano ci raccontò della febbre della lettura che l'aveva colta da ragazzina. Ci disse che voleva solo leggere, che aveva così tanta fame di libri, che la mattina faceva tardi a scuola per ultimare la storia che stava leggendo. Quell'aneddoto (non so se vero o inventato) mi è rimasto impresso nella mente, soprattutto perchè anch'io, col passare degli anni, sono stata sempre più divorata dalla febbre della lettura.
La prima volta che ho preso un libro in mano avrò avuto sei anni, giusto l'età in cui (finalmente) viene svelata l'arte del saper leggere. Quel libro ce l'ho ancora: è una raccolta di fiabe indiane, rilegata con una copertina verde e lucida, in cima alla quale c'è scritto (se non sbaglio) "gli zecchini" e sotto ci sono disegnate delle monete d'oro. Poi sono passata ai libri di Gianni Rodari. Papà me li comprava ogni volta che andava a Napoli e a me piacevano tanto: ricordo il libro "Filastrocche per un anno", che ho letto e riletto fino a saperlo a memoria. Le illustrazioni di questa raccolta erano buffe, sembravano fatte da un bambino dell'asilo. I libri di Rodari sono dei capolavori per i piccoli. Ce n'era uno con una storia che parlava di una bambina che, dopo la morte del padre, decide di non crescere più. E così lei, nonostante compia sempre un anno in più, rimane sempre piccola e minuta come una bambina di dieci anni. Ma, a un certo punto, Teresina deve decidere di crescere almeno una spanna, perchè la mamma si ammala, la nonna è troppo vecchia e il fratello troppo piccolo e dunque lei deve badare alla casa. Pian piano Teresina cresce sempre di una spanna, per rendersi sempre più utile, finchè non diventa una gigantessa per sconfiggere un brigante venuto in città. La storiella si chiamava "Teresin che non cresceva"e mi è rimasta fissa nella mente: l'avrò letta duemila volte.
Dopo Rodari, verso gli otto anni, mi decisi a leggere i grandi Classici per ragazzi. E di colpo mi innamorai di tutti i romanzi dell'Ottocento, che ancora oggi mi accompagnano. Forse il primo Classico letto è stato "Senza famiglia", di Hector Malot. Me lo prestò la mia madrina, zia Rosaria. Era un libro con la copertina viola, sulla quale forse era disegnato un bambino. Non ricordo bene, però, di cosa parlasse. Mi pare che il protagonista era un bambino che ne passava di tutti i colori, prima di arrivare all'Happy End. Poi ho letto anche "Senza famiglia" (sempre di Malot): di questo romanzo ricordo solo che fu la prima lettura a farmi versare una lacrima.
Sempre da zia Rosaria mi feci prestare un libro del quale avevo sentito parlare e che mi incuriosiva molto: "David Copperfield". Ora, premettiamo che quella che mi prestò zia era semplicemente un'edizione ridotta, adattata per i bambini, e che solo anni più tardi incontrai il VERO "David Copperfield", che è un tantino in sovrappeso. A parte questo, i miei due incontri con questo romanzo si sono risolti nello stesso modo, cioè con la mia fuga a gambe levate da una storia più tragica di tutto il Ciclo Tebano messo assieme. E non venite a dirmi che "David Copperfield" finisce bene, perchè non basta un happy ending per non decretare David un completo SFIGATO. Spieghiamoci. Questo ragazzino nasce che il padre è già morto, ha una madre incapace (per non dire idiota) e una prozia (zia del fu David Copperfield Senior) che al momento della nascita gli nega ogni protezione o benevolenza (salvo poi smentirsi quando se lo vedrà comparire davanti tutto frusto e sporco, per aver fatto a piedi la strada da Londra a Dover). Dopo un'infanzia relativamente felice, David subisce lo shock del secondo matrimonio della madre con il signor Murdstone, un tizio dalla perfidia indescrivibile, così perfido che al confronto Lucifero è ambasciatore dell'ONU. Quindi Davidlosfigato è mandato in collegio (e qui, manco a dirlo, è tartassato da tutti), poi gli muore la madre, poi deve lavorare per l'azienda del patrigno, poi, proprio per sfuggire al discendente di Lucifero, decide di fare il già citato viaggetto per cercare aiuto presso la zia Betsy, e poi eccetera eccetera, figuratevi le catastrofi più incredibili (tra le quali incontrare Uriah Heep, un individuo che supera anche Murdstone in perfidia) e avete la storia di David Copperfield. Caso strano: da bambina dovevo avere un cuore tenero come il burro, perchè il romanzo non riuscii a finirlo causa "fontana di lacrime" che irrimediabilmente sgrogava dai miei occhi man mano che procedevo con la lettura. E dire che era l'edizione per bambini. Per questo, quando mi mancavano sì e no trenta pagine alla fine, lo mollai. Più tardi, quando presi l'edizione integrale del romanzo di Dickens, lo mollai nuovamente, ma solo perchè dopo cinque righi di lettura praticamente stavo sognando (ma nel senso letterale del termine).
A parte la parentesi Copperfield (che mi ha instillato un odio indefinibile per Dickens), gli altri Classici letti son stati per me dei compagni insostituibili. "Piccole Donne", "Pattini d'Argento", "La piccola Lady", "La piccola principessa", "Il piccolo Lord", "Il giardino segreto", "Il frutteto incantato", "TRE UOMINI IN BARCA" (scoperto grazie alle maestre, che me lo regalarono alla fine delle Elementari) e tanti, tanti altri titoli indimenticabili!
E poi ci siam fatte più grandicelle, quindi ci siamo accostate a Dumas, Pirandello, Zola, Balzac, Dostoevskij, Jane Austen, le sorelle Bronte (tra tutte, la più amata è Charlotte), Hawthorne, Hardy, Edgar Allan Poe....
I grandi Classici sono per me dei fratellli maggiori, dai quali trarre insegnamenti insostituibili, che, per il momento, non ho ancora trovato nei libri più recenti. Ecco perchè mi definisco un po' "conservatrice" per quanto riguarda le mie letture, perchè mi accosto sempre con scetticismo ai romanzi scritti dagli anni '50 ad oggi. Forse perchè ho avuto brutte esperienze (vedi le letture di Moravia -.-" oppure "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano -.-""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""). O forse perchè ho avuto un'insegnante di italiano al biennio particolarmente mmm...come dire? "Fissata" con i libri scritti dai tempi preistorici fino a quelli di Pirandello (massimo). Ma forse è perchè, più di qualsiasi altro romanzo, i Grandi Classici hanno sempre qualcosa da dire, in ogni tempo e in ogni luogo.
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